Dojo DaiShiDo

“Mentre continuo a credere di essere solo una pazza sognatrice, mentre nel DaiShiDo stiamo restringendo lo Staff, il campo d’azione e rinnovando ogni intento, ho cominciato ad ascoltare una parola che mi ronzava in testa: Dojo. Di solito con questa parola si intende il locale o la zona specifica in cui si praticano le arti marziali, ma per me significava qualcosa di più: un progetto, un luogo in cui lavorare, seminare, piantare e portare a nuova vita. Quando si è preso in esame di affittare la grandissima casa terremotata (e poi restaurata grossolanamente) dei miei avi, ad estranei… un tempo bellissima e nel verde, pian piano la parola Dojo si è fatta ancora più chiara e pressante. Un maestro di Aikido mi confermava che significava ciò che si intende comunemente, ma io insistevo nel dire che per ‘dojo’ io intendevo ‘cammino, modo di essere’. Non ne ho mai saputo nulla, di arti marziali, fino al sogno del DaiShiDo. Poi ho scoperto di saperne e ho deciso di onorare ‘gli antenati’ che, in sogno, mi avevano istruita. Veri che fossero o no, il DaiShiDo esiste ed è un marchio registrato in Italia e anche in Giappone. Quindi per me ‘Dojo’ significava comunque ciò che sentivo. Non contenta però, sono andata a spulciare in Internet, ed ho trovato ciò che cercavo: Il DOJO – luogo per la ricerca della Via.

DOJO è un termine usato nel Buddismo per indicare il locale destinato al raccoglimento e alla meditazione spirituale. In giapponese significa “luogo per la ricerca della via”; in sanscrito prende il nome di Badhi Manda, che significa “luogo di saggezza, o di salvezza”. In oriente è usato anche per denominare il locale in cui si praticano determinate discipline volendo significare che nel locale deve regnare un’atmosfera attenta e concentrata come si addice ad un luogo di “culto”. Anche in occidente la parola DOJO è utilizzata per denominare il locale in cui si praticano le arti marziali, purtroppo, troppo spesso, senza attribuirgli quel significato di profondo rispetto che dovrebbe avere, ma solo alla stregua di club o palestra. […]

Accesso al DOJO e modelli di comportamento

· Nel DOJO occorre essere sempre sinceri e gioiosi, abbandonando ogni considerazione di fama e di ricchezza, dimenticando i pregiudizi di razza, sesso e stato sociale. L’ardore della pratica deve unirsi ad un’atmosfera di ricerca interiore.
Sono richieste tre qualità: una buona educazione, un grande amore per l’arte, fiducia nel maestro.
Il Maestro Ichiro Abe ha indicato alcune norme basilari sul comportamento da tenersi in un DOJO (DOJOkun).
· Le regole tradizionali, l’atteggiamento mentale e la cura del corpo che vengono suggeriti non sono mortificazioni imposte a chi pratica, ma costituiscono un costume che favorisce il lavoro collettivo e il progresso individuale.
· Tener sempre presente che il DOJO, oltre che luogo di pratica, è scuola morale e culturale.
· Entrare nell’area di pratica del DOJO con il piede sinistro ed uscirne con il destro, e non omettere mai di salutare, sia quando si accede che quanto si lascia l’ area di pratica.
· Osservare scrupolosamente le regole generali della cortesia e quelle particolari del KENDO
· Sforzarsi in ogni circostanza di aiutare i propri compagni di pratica evitando di essere per essi causa di imbarazzo o di fastidio.
· Rispettare le cinture di classe superiore ed accettarne i consigli senza obiezioni, dal loro canto le cinture superiori devono aiutare il miglioramento tecnico di coloro che sono meno esperti, con diligenza e cordialità.
· Quando non si pratica bisogna mantenere un contegno corretto e non permettersi mai posizioni ed atteggiamenti scomposti anche se si è estremamente affaticati.
· Mantenersi silenziosi e, se necessario parlare, sia solo per la pratica jodoistica e a bassa voce.
· Non allontanarsi mai dall’area di pratica senza prima averne avuto il permesso dall’insegnante o da chi ne fa le veci.
· Curare la pulizia e l’integrità del KENDOGI ed il suo riassetto che deve essere sempre effettuato ogni volta che è necessario.
· Mantenere sempre un’elevata igiene personale.
· Le unghie della mani e dei piedi devono essere tagliate molto corte. .Rispettare l’orario dei corsi (salvo particolari autorizzazioni). Non allontanarsi dai DOJO prima della fine della lezione dell’insegnante.
· All’inizio e alla fine di ogni lezione, l’insegnante e gli allievi si salutano reciprocamente. I praticanti si dispongono ordinatamente in fila sul bordo del tappeto di fronte all’insegnante. Il KENDOKA con cintura di grado più elevato si pone alla estremità del lato d’onore della sala, seguito gerarchicamente dagli altri. Tutti devono osservare che il loro KENDOGI sia in ordine.
· Quando si cessa la pratica e quando si frequenta il DOJO senza poter praticare, osservare con attenzione quanto avviene nell’area di pratica, e seguire le spiegazioni in atto, per trarne egualmente proficuo insegnamento.

SE NON VI SENTITE DI SEGUIRE QUESTE REGOLE, NON ENTRATE NEL DOJO.
OGNI INSEGNAMENTO SAREBBE INUTILE PER VOI E IL VOSTRO
ATTEGGIAMENTO SAREBBE DI DANNO PER GLI ALTRI

Entrare col piede sinistro credo significhi desiderio di lavorare con l’emisfero destro… per me sarà così. Ecco…. non so come e neppure con quale denaro, ma noi stiamo per creare il DaiShiDo Dojo ‘Giuseppe Collacchioni” (costruttore nel ‘700 di quella casa), proprio nella sua antica abitazione. Solo l’IMU dela casa costa un capitale all’anno, provvederemo a quello, ma non potremo permetterci altre spese. Quindi per l’arredo accetteremo vecchi mobili inutilizzati (la casa venne svuotata e tutto venduto a causa dei ladri) e l’aiuto di amici volenterosi e soprattutto gioiosi. Diverrà un antica villa toscana adibita a Dojo, così come lo intendiamo noi. Con stanze per dormire, un grande camino e cucina di uso collettivo, e tantissimo spazio fuori per passeggiare, meditare, lavorare, apprendere.

Al solito pare strano, ma anche una psicoterapeuta che fonda una nuova disciplina marziale lo è stato. Non so come faremo, ma non sarà certo il primo miracolo del DaiShiDo. Tutto si deciderà passo passo…..
Dopo soli due giorni arrivano le prime proposte di mobili inutilizzati. Che allegria! Ma la proposta più bella è quella di creare un luogo dove praticare e fare incontri guidati da terapeuti magari in cambio del lavoro manuale. Dove alcuni terapeuti potranno utilizzare un piccolo studio per ricevere persone. Dove persone con patologie ‘importanti’ potranno ‘staccare un attimo’ per praticare discipline che permettano un positivo cambiamento della Qualità della propria vita. Con costi irrisori.